“Entrare in un palazzo civico, percorrere la navata di una chiesa antica, anche solo passeggiare in una piazza storica o ………” Così inizia la traccia del Nuovo Esame di Stato 2019, ispirata da un testo di Tomaso Montanari, che vuole fare riflettere lo studente sull’importanza del nostro patrimonio artistico e culturale, fatto di opere tangibili come di opere intangibili, dell’anima, o dell’effimero musicale, danzante, teatrale…
Che fortuna abitare nel Paese che più di tutti al mondo conserva i luoghi consacrati come Patrimonio dell’umanità. Abitare un habitat celebrato per la sua Bellezza, dovrebbe già di per sè rendere la nostra stessa vita degna d’essere vissuta, eppure non è così scontato, perché la Bellezza è qualcosa che non nasce spontanea, nè può essere data per scontata ed eterna, vive solo se la facciamo vivere, esplode in tutta la sua magnificenza solo se la facciamo nascere, e poi in parte passerà, o soffrirà del passare del tempo, e allora subito ci si rende conto di come sta a noi uomini del presente e del futuro sapere ricevere, conservare, comprendere e trasmettere cotanto tesoro prezioso.
Del resto la Bellezza è tale proprio perchè si distingue dalla volgarità, dalla Bruttezza, appunto, e da tutti quei comportamenti fatti di opportunismo e guadagno spicciolo, se non proprio spicciolo, calcolato, e come tale i nemici di questa meraviglia sono tanti, e severi, e per nulla sprovveduti, e per niente disposti a farsi mettere da parte.
Montanari parla di generazioni che stanno seppellite sotto il suolo che noi esseri viventi tutti i giorni inconsapevolmente calpestiamo, quello stesso territorio, o campo, o montagna, o borgo, o città, o villaggio che sopravvivrà alla nostra stessa morte, e noi stessi finiremo sotto quel suolo insieme alle ossa di chi ci ha preceduto.
Immagine forte, questa del mondo ridotto a un immenso cimitero che conserva i nostri avi, i nostri predecessori, dai più famosi a quelli più anonimi, un sacrario alla vita che è stata e che continuerà ad essere dopo di noi. Gli uomini muoiono ma di loro sopravvivono il loro spirito, le loro opere, i loro figli, i loro pensieri, le loro idee, la loro voglia di essere stati cercatori del bene più raro e prezioso possibile, la felicità.
Altro che “dittatura totalitaria del presente”, quel sentimento pervasivo, disturbato, confuso, fugace, sfuggente, inquinato, violentato da mille rumori e frastuoni che ci portano alla totale confusione e perdita di noi stessi e del centro.
Ognuno di noi è quello che altri prima della nostra venuta al mondo ci hanno permesso di diventare, ma è anche quello che permetterà a nuovi esseri di divenire grazie e attraverso il nostro personale modo di vedere le cose, i problemi, le necessità. L’autore parla di Democrazia, di quale sarà il mondo di domani, lasciato ai posteri dalle decisioni di vita di oggi.
Anche nella società liquida e “usa e getta” la Bellezza non ha smesso di avere il suo fondamento ed il suo Altare celebrativo. E’ il pensiero del Bello che ci fa svegliare al mattino contenti d’essere vivi, è il pensiero del Bello che ci fa sopportare i momenti difficili che ognuno di noi si trova ad attraversare, è il pensiero del Bello che costruisce le Cattedrali del Bene e della Giustizia, quel pensiero fatto di ricordi, di memoria, di percezioni, di sogni, di progetti, di speranze, di attese, di attimi impalpabili quanto indelebili, piccoli tasselli di un mosaico che alla fine andranno a tessere la grande tela dello scenario umanistico.
Questo immenso patrimonio culturale fatto di filosofia, cinema, poesia, arte, monumenti, libri, architetture, borghi e spettacoli, è qualcosa che scorre nelle nostre vene, è qualcosa che ha contribuito a dare alla Storia le sue epoche, dal mondo classico e pre ellenistico al lungo cammino medioevale; dal mondo Rinascimentale al Risorgimento, attraverso l’Illuminismo e l’esplosione dei fasti della Ragione; fino al buio terribile dei Totalitarismi e dei genocidi, che purtroppo ci hanno smascherato nella nostra fragilità e inconsistenza, nella nostra follia e depravazione; un periodo oscuro che ha fatto tremare ogni più incontrovertibile certezza, che ha rimesso tutto in discussione, che ci ha obbligato a ripensare un Nuovo Umanesimo avendo smarrito quello precedente, che ci ha costretto ad ammettere delle colpe che richiedono precise istanze di perdono rivolte alla vittime.
Il totalitarismo dell’oggi è un nemico mascherato che dietro la facciata del divertimento e dell’intrattenimento mordi e fuggi, distrugge gli uomini senza che se ne rendano conto, come se li sedasse prima del colpo mortale. E’ insidioso, impercettibile, quanto falso e menzognero. Passa anche attraverso la televisione, quella più di apparenza che di sostanza, quella più legata a logiche commerciali che formative, che deve fare odiens o che deve riempire spazi così come dovessimo riempire contenitori.
L’uomo non è un contenitore, è fatto di pulsioni vitali che possono raggiungere le vette dell’iniquità come le vette della Misericordia e della Generosità. Questo destino che lo porterà verso una direzione piuttosto che l’opposta è un’incognita legata alla sua libertà, alla nostra libertà, al nostro essere in scienza e coscienza per noi stessi oltre se stessi.
E’ anche legato alle eredità ricevute, a quel passaggio di consegne che ogni padre consegna ai suoi figli, e che ogni figlio consegnerà alle successive generazioni.
Certo che dalle macerie della guerra la civiltà ha saputo risorgere e ricostruire, ma personalmente e coralmente ci chiediamo a quale prezzo, con quali anticorpi, con quali consapevoli obiettivi e buoni propositi, con quale capacità di visione lungimirante costruita sopra ponti che sappiano unire le ragioni di tutti, dei vinti come dei perdenti, dei giusti come degli ingiusti, dei saggi come degli stolti, dei deboli come dei forti, di chi ha la ventura di nascere di qui da una riva piuttosto che sulla riva opposta.
Gli uomini sono stati sacrificati a migliaia, spesso spazzati via alla velocità della luce, tra atroci sofferenze, tra disumanità apocalittiche, e di loro è rimasto il pensiero che noi sopravvissuti siamo stati risparmiati, graziati dal gioco della vita, e destinati a diventare testimoni del Male. Come anche testimoni della Bellezza sopravvissuta o rinata.
Accanto a noi sono state risparmiate le opere d’ingegno, più o meno fisiche, più o meno monumentali, più o meno straordinarie, più o meno danneggiate, più o meno illese. Quelle opere parlano degli uomini che non ci sono più, ma parlano anche agli uomini che ancora devono nascere, in una lingua che va oltre il codice linguistico, oltre il flatus voci, oltre il detto e il non detto.
Dentro questo patrimonio ognuno di noi si può riconoscere, può trovare il senso della propria esistenza, può persino aiutare gli altri a fare trovare la propria ragion d’essere.
La mia casa modesta è piena di cose belle o che tali reputo, nella mia semplicità. Adorno la casa come se adornassi me stessa, e adorno me stessa come se fossi io la mia casa più preziosa. Non con monili, oggetti che inseguono la moda del momento, ma con segni che raccontano una storia; la bellezza non è sinonimo di irraggiungibilità; se così fosse l’avremmo avuta in disprezzo o in odio, sarebbe diventata il distinguo di chi può e di chi non può, e invece anche nella casa di un povero ci può stare un qualcosa di bello.
Bella può essere la sua dignità di essere umano, bella può essere la sua fierezza, bella può essere una piccola cosa che conserva dei suoi tempi migliori o che racconta della storia della sua famiglia.
Bella potrebbe essere la luce del suo sguardo che non si è lasciato piegare dal male di vivere, o dalle ingiustizie di un mondo che è tutto tranne che perfetto e in indolore progresso.
La bellezza salverà il mondo, come diceva Dostoevskij, a patto che gli uomini avranno o abbiano a salvare la bellezza. E’ un pò come il dilemma dell’uovo con la gallina: nasce prima l’uovo da cui verrà fuori la gallina o la gallina che farà l’uovo per replicare il miracolo della vita? Se facciamo fuori la gallina prima che possa fare il suo uovo, non avremo più di che nutrirci, ammettendo che quell’uovo rappresenti la nostra fonte di alimento. E se ci cibiamo dell’uovo prima ancora che possa diventare gallina, non potremo gustare dei frutti della crescita, dei frutti della storia che è il tempo che passa, giorno dopo giorno, anello dopo anello, impedendo al l’albero dell’umanità di sviluppare le sue radici sempre più profonde, in apparenza così lontane dalle prime manifestazioni di sviluppo.
E così nasce prima l’uomo che farà l’opera d’arte o l’opera d’arte che forgerà nuovi uomini?
Ogni essere umano è potenzialmente un Leonardo, un Michelangelo, un Caravaggio, un Dante, un Einstein, un Roosevelt, un Gandhi, un Martin Luter King, una Montalcini, una Segre, una Madre Teresa, una Caterina da Siena, una Montessori, una Giovanna d’Arco, ma mi verrebbe da aggiungere una perfetta non so chi qualunque che potrebbe incrociare un giorno la nostra strada e salvarci non si sa per quale miracolo, la vita.
Questo universo così tribolato, così complesso e ingarbugliato tra passato presente e futuro, mi lascia attonita e smarrita, ma anche piena di speranze. Le speranze alimentate dalla forza della voglia di Esserci che non si arrende, che proprio dal dolore trova l’energia per reagire, che proprio dalle domande trova lo spirito delle risposte, e così dalle vecchie opere d’arte ormai trite e ritrite ma mai morte, ecco che già sta spuntando come un nuovo fiore il germoglio della Bellezza immortale.