Umberto Eco nasce il 1932 e muore il 2016. Passa alla storia come il filosofo/semiologo dell’inganno, della comunicazione mascherata ed equivoca. Come già anticipato è sostenitore del pensiero debole, del pensiero critico e pessimista, ma nella sua vita si è occupato di tutto, cinema, letteratura, accademia, televisione, musica, spettacolo, giornalismo, fumetti, politica, bibliofilia e traduzione. Si impone alla notorietà con la pubblicazione del suo primo romanzo Il nome della rosa, una storia di delitti oscuri ambientata nel medioevo dentro un ambiente monastico che viene con maestria dissacrato intorno al tema emblematico del riso ( inteso come voce del verbo ridere). Il libro diventa un best seller e finirà per essere da Eco detestato a morte, perchè nessun romanzo a lui succeduto potrà più replicare e competere con questo. Emerge da subito il suo stile innovativo, controcorrente, sperimentatore e conoscitore del sistema dominante.
Per caso entra nei circuiti televisivi della Rai, che diventerà per lui come una seconda casa e dove arriverà a ricoprire un ruolo fondamentale nella sua carriera di uomo pubblico, versatile e di critico/rinnovatore. Il filosofo dichiara in più interviste di avere assistito a un progressivo declino della qualità della comunicazione, che nel tempo tutto è andato peggiorando e scadendo nel contenuto e nella sostanza. Leggi di odiens la fanno da padrone sulle priorità contenutistiche che vengono soffocate e sacrificate al dio denaro. L’avvento del digitale non ha contribuito per se stesso a migliorare le cose, con la differenza che l’ignoranza di pochi è semmai diventata l’ignoranza di molti, di quelli che non si fermano a riflettere e a leggere i messaggi nascosti/da decifrare.
Una delle emergenze che il filosofo denuncia è la totale assenza di memoria da parte soprattutto delle nuove generazioni; i giovani vivono dentro un circuito mediatico dove regna il caos generale, la consumazione dell’attimo, e sono venute a mancare le coordinate di fondo che ogni essere umano in quanto membro di una Storia collettiva in evoluzione dovrebbe come minimo conservare. In pratica, i giovani non sanno collocare episodi storici fondamentali non solo nel giusto anno/periodo storico ma persino disconoscendone le coordinate di riferimento. E’ come avere in casa un letto a testa in giù, una scala che non può essere nè salita nè scesa, insomma, un nulla di fatto.
Prima priorità quindi è Recuperare la storia e le sue coordinate fondamentali. Per fare questo è importante avere un buon libro di testo ( in questo caso sia di storia che di filosofia), che sia ricco di immagini come di sussidi audiovisivi e multimediali, perchè e noto che aiutano l’apprendimento. Lo studio della storia/filosofia è contemporaneamente studio della geografia, ossia del mondo inteso nella sua spazialità e nella sua conformazione territoriale, è ovvio. No ai sussidi rigidi, che seguono pedissequamente il programma, che si prefiggono di essere una specie di vangelo assoluto (e nello specifico critica il Lamanna). Il testo deve avere la funzione di avvicinare, incuriosire, stimolare, porre domande, alle quali l’alunno deve provvedere a dare le proprie risposte, altrimenti la didattica viene persa di vista e perde in efficacia. Eco non si lascia nemmeno sfuggire le potenzialità del multimediale in termini di ricaduta gnoseologica/apprenditiva, e si fa sperimentatore di nuove teorie della narrazione proprio grazie all’uso dei media, oltre che un grande sostenitore dell’open source e un grande entusiasmato lettore di wikipedia, giusto per citare una delle maggiori fonti editoriali mediatiche.
Si pone contro i luoghi comuni che decide di combattere e di cui la scuola e non solo è ricolma; è un pensatore fortemente europeista, ma curiosamente scopre la bellezza europea solo dopo un suo viaggio in Usa; dall’altra parte dell’oceano si accorge che gli americani guardano all’Europa come ad un gioiello a cui tendere e verso cui ispirarsi, perchè sanno che loro vengono da qui, e sanno che loro sono un nostro prolungamento, anche se poi hanno preso delle caratteristiche proprie. E poi siamo noi europei che dall’esterno ci rendiamo conto di quanto in casa nostra si abbia molto di più che all’estero non può essere trovato.
Anche se il mondo è diventato globale non si deve perdere lo studio dei classici che secondo Eco devono rimanere testi OBBLIGATI. Difende la funzione dell’Erasmus ed incoraggia l’avvento di una lingua condivisa dentro una realtà multilinguista che dovrebbe diventare polilinguista. Se i giovani odiano i classici è solo colpa dei docenti che non hanno saputo trasmettere la loro insostituibilità. Sappiamo quanto Eco stesso fosse una grande conoscitore del Medioevo e quanto lui stesso sia stato uno studioso della classicità. E poi ricordare il passato significa potere avere un futuro migliore. Ma cosa ricordare? e cosa selezionare dentro il mare magnum della rete che passa di tutto tra cui la stessa spazzatura della sub cultura dominante? Come sapere riconoscere un testo falso da uno da conservare? Non lo si può fare senza prima averlo letto, e quindi è importante creare il senso critico che ci può proteggere dalla cattiva comunicazione.
La prima cosa che va insegnata ai giovani è di leggere, qualunque cosa anche i fumetti vanno bene; un uomo che legge ne vale almeno due. Il momento della lettura dura tuttala vita, è un viaggio meraviglioso e personale, che ognuno può costruirsi come meglio crede. I media aiutano nella diffusione del sapere, ma solo se ci facciamo i capitani di questo cammino. Dentro questa diffusione della buona cultura la televisione ha occupato ed occupa un ruolo di primo piano. Con il maestro Manzi gli italiani hanno imparato a leggere e a scrivere(giusto per fare un esmpio); avevamo una tv che faceva bene ai poveri e male ai ricchi, che molti ci invidiavano, come altre cose che abbiamo nel tempo mandato alla deriva.
Oggi abbiamo una tv che fa male ai poveri e bene ai ricchi, che intanto i mezzi per formarsi li vanno a reperire altrove. Popper ha molto scritto sulla teoria del complotto e come già detto altrove ha molto scritto del come fare buona televisione; esisterebbe una congiura che si adopera perchè tutto questo non accada, ma di dette prove conplottiste non è mai stato trovato molto. Semplicemente se un programma è cattivo bisogna sapere spegnere la tv, e diventare critici cioè capaci di scegliere. Insomma, è ammesso cambiare idea. Lui stesso che da giovane aveva frequentato le fila dell’Azione cattolica, studiando Tommaso d’Aquino perde la fede (secondo Eco fortunatamente) e si rende conto dell’inganno che alberga dietro questo modo errato di credere. Sempre senza con questo voler dare degli idioti alle intelligenze religiose che hanno il diritto di conservare il loro pensiero. L’alternativa alla cattiva tv (come alla cattiva fede) può essere l’uso critico della rete (come l’uso critico della fede).
Tornando al tema del complotto, sono esistite ed esistono forme di complotto conosciute, anche editoriali; la più celebre tra tutte riguarda la pubblicazione dei Savi di Sion, un testo che non ha nessun fondamento storico e scientifico, ma solo quello diffamatorio e propagandistico a danno degli ebrei. Ma non bisogna fare la fine di quello che urla Al lupo al lupo per ogni nonnulla; il giorno che il lupo arriverà per davver nessuno più ci crederà. La stessa rete è ricolma di teorie complottiste contro tutto e contro tutti, ma non per questo bisogna darci credito. Umberto Eco sostiene che in questo modo si perde di vista il vero problema. Una teoria complottista vera prima o poi si rivela tale, mentre se tale volesse rimanere, con i mezzi di segretamento e depistaggio esistenti, non ci sarebbe verso di sventarla. E poi c’è il complotto su ordinazione che ha lo scopo di spostare il focus da un punto reale verso un punto deviato. Insomma, non mancano le bufale ed i complottisti di professione che devono ricevere il tempo che meritano. C’è tutta una letteratura che gioca sull’equivoco, sulle coincidenze, sulle supposizioni, sulle patologie psichiatriche di lettori paranoici e schizofrenici. Il filosofo dedica anche molto tempo al legame esistente tra la cultura di massa e l’uso dei mass media nel periodo fascista, dove passavano attraverso i programmi e le immagini selezionate i valori verso la tradizione, il rifiuto del modernismo, il culto dell’azione per l’azione, la paura delle differenze, l’appello alla frustrazionw delle classi medie , lo stesso tema del complotto, il machismo e il populismo qualitativo. Un uso mediatico della tv praticamente mai uscito di scena.
In generale è risaputo che le buone notizie non vendono, sono le tragedie che fanno cassa, è la passione per il gossip, il pettegolezzo, l’ingiuria, il delitto, il malaffare, il malcostume, il sospetto verso chi ci vive accanto…finendo per dominare sul buon senso che la macchina del fango distrugge, inquina, corrompe, delegittima, discrimina. Dentro tutto questo al buon lettore non rimane che la speranza che il buon giornalismo sopravviva. Lo stesso gioco linguistico dell’alluccinazione e dell’inganno viene spesso usato anche da Eco nei suoi scritti, dove dichiara di divertirsi a far dire ai suoi personaggi le cose più assurde, dove però rimane evidente che si sta facendo un gioco rocambolesco, dove si avvisa che non bisogna credere a nulla, dove si insegna a rimanere con le orecchie e gli occhi bene aperti…
Alla fine emerge una grande considerazione da parte di Eco per il nostro mondo Italia, che non ha un sistema paese, che non ha un’unità di popolo, ma è ricco di persone geniali che tutto il mondo ci invidia e che molto hanno dato alla storia del pensiero. Per fare un esempio, il nikilismo ha attraversato sia l’Italia che la Germania, con la differenza che in Italia Leopardi ne ha fatto un motivo per essere migliori, la Germania lo ha preso per se stesso ed ha prodotto il nazismo. Insomma, noi avremo molte pecche ma abbiamo una forza straordinaria che ci spinge a risorgere meglio degli altri dalle varie catastrofi e prove di resistenza. E nonostante noi stessi si sia ricchi di delitti eccellenti e per nulla inventati, a partire dal caso Mattei, il caso Pinelli, Papa Luciani, Aldo Moro, Ambrosoli, Sindona, Dalla Chiesa, Borsellino e Falcone, Mafia capitale…tutti argomenti fatti su misura per istigare le teorie complottiste dove la realtà supera la fantasia.
Giuliano Ferrara, il giornalista, accuserà Eco di fomentare l’odio e di essere di parte, trascurando l’insegnamento liberale di Kant, che avrebbe studiato ma non compreso. I suoi studenti invece lo adorano, lo ammirano e lo inseguono, perchè Eco potrà essere criticato per la sua personalità diciamo senza dubbio partigiana (tutti gli uomini di carattere finiscono per esserlo), ma sempre senza dubbio espressione di se stesso, genuinamente amante del dialogo diretto e senza velature, lui che gli imbrogli li lasciava tutti nelle parole dei suoi personaggi. Non si contano le onoreficienze italiane e straniere da lui ricevute, le collaborazioni accademiche e le cittadinanze onorarie. E poi nessuno ci vieta di seguirlo sul suo stesso cammino, rendendogli la stessa pariglia e lo stesso sagace umorismo.