Gadamer nasce nel 1900 e muore il 13 marzo 2002, ultracentenario. Passa alla storia come il teorico del Circolo ermeneutico gadameriano; allievo di Heidegger, autore di Verità e metodo, che scrive come sua unica opera all’età di sessant’anni dopo essere andato in pensione. Da lì in avanti inizia la sua seconda vita di filosofo invitato nelle conferenze di tutto il mondo per discutere della sua teoria sull’interpretazione.
Dedica tutta la sua prima esistenza all’insegnamento; multilinguista, finisce per diventare, piccola curiosità, cittadino onorario di Napoli, e assiste come testimone diretto allo sfascio della Germania che viene divisa in due fronti, quello occidentale e quello orientale. La Repubblica federale occidentale si risolleva partecipando al piano Marshall, ma la parte orientale rimane sotto il regime sovietico.
Nel 1989 assiste alla caduta del muro, un evento storico di liberazione/riunificazione da un lato, e di distruzione/smantellamento dall’altro. Ha modo di sviluppare il concetto di verità che si rivela come certa e bella in quanto tale, dentro un’esperienza extrametodica; critica l’eccessivo rigorismo delle scienze tradizionali che tendono ad umiliare l’uomo relegandolo a conoscenza di grado inferiore.
Il suo libro si divide in tre parti; una dedicata all’arte, una alla storia e una al linguaggio. L’esperienza extrametodica (disprezzata dalla scienza) è originaria e radicale, mentre quella metodica è rigorosa, ma non lascia spazio adeguato alle tre parti sopra indicate e che rappresentano una sezione importante del vivere. Gadamer prende lo spunto dallo stesso maestro, Heidegger, che aveva definito la parola come la casa dell’uomo dove abita la poesia e la sua funzione educatrice. Il mondo è pieno di scienza come di spettacolo; lo spettacolo del mondo proviene dall’arte, non dalla scienza che ne decifra l’apparire senza leggerne la totalità. Anche nella Storia accade la scienza dello Spirito contro la scienza della Natura; il pensiero tedesco è ricco di questo concetto dello Spirito, già con Hegel che ne fa la sua monumentalità rigorista. Gadamer non segue la via hegeliana ma vi contrappone la via INTERPRETATIVA; significa che per comprendere un fatto storico occorre calarsi dentro le persone e i fatti che sono accaduti, e quindi interpretarli. In quanto al linguaggio, è la fonte delle leggi e le leggi sono testi che vanno a loro volta interpretati.
Gadamer individua tre momenti salienti nella sviluppo della Storia: l’Umanesimo italiano, la Riforma protestante ed il Romanticismo europeo. Nel primo momento si passa dall’uomo medioevale all’uomo moderno; nel secondo momento l’uomo si fa lui stesso nella sua singolarità interprete della parola scritta, e quindi lui stesso sacerdote della sua vita (lo stesso Gadamer è protestante); nel terzo momento l’uomo scientifico/uniformato si eleva a uomo dello spirito, uomo originale, uomo creativo, uomo innovativo e scopritore di sempre nuove forme di espressione, o meglio, di nuove chiavi di lettura ed interpretazione della storia. Il romanticismo tedesco ha tre figure gigantesche di questo romanticismo, che sono Marx, Nietzsche e Freud. Marx per il campo storico/sociale, Nietzsche per la sua Volontà di potenza, Freud per il concetto di conscio/inconscio. Ognuno di loro ha indicato una via su come interpretare o la Storia, o il declino dell’Europa o il Ciò che non si vede ma c’è.
Dello stesso parere sarà Luigi Pareyson, un filosofo italiano, che elabora una teoria personale sull’interpretazione, dove approfondisce il legame del singolo con la verità; dentro il processo interpretativo la verità in quanto se stessa non viene mai esaurita, ma sempre rilanciata e condivisa; Gianni Vattimo ed Umberto Eco saranno due degli allievi dello stesso Luigi Pareyson, che però daranno radicalizzazioni pessimistiche approdando a quello che verrà definito il Pensiero debole (che sarà approfondito negli articoli successivi).
Nè Pareyson nè Gadamer appartengono a questo circuito del pessimismo, ma l’ermeneutica cammina con le sue gambe oltre i loro stessi fondatori, e raggiunge apici drammatici e critici; si è arrivati a quelli che sono detti i sette sensi dell’ermeneutica, ossia: ogni fatto che si va ad interpretare ha una ESPRESSIONE, ESECUZIONE, TRADUZIONE, CHIARIMENTO, COMPRENSIONE, ERMENEUTICA DEL SOSPETTO ED IPERBOLE. La prima era già di Aristotele, la sesta è tipica delle filosofie postmoderne che sono inquinate dal concetto di demistificazione del reale, e la settima è quella che si è ereditata da Nietzsche che sosteneva che i fatti non esistono ma esistono solo le loro interpretazioni. Siamo in un mondo dove comprendersi è diventata un’impresa difficile.
Tornando a Gadamer, egli sostiene che ogni singolo elemento presuppone la comprensione del tutto, che l’essere che può venire compreso è linguaggio, ma che non esiste solo il linguaggio/parola ma che detto linguaggio multiforme serve all’uomo per decifrare i vari e sempre più oscuri segni della realtà che vanno oltre la parola. Tuttavia rimane un mondo fisico/psichico che ci rimane ignoto e indomabile, indifferente e lontano. Senza per questo dovere cadere negli estremismi, come accadrà ad altri.
Il messaggio di Gadamer è questo: c’è un mondo che vuole rimanere civile, umano, legato alla legge, nonostante la follia dilagante. E quindi vuole essere una posizione ottimistica e ragionata, e non pessimistica e irrazionale. Insomma, costruttivista.
Per finire, un focus sul concetto di CIRCOLO ERMENEUTICO: ” Ogni interpretazione è influenzata dai nostri pregiudizi storici, nel senso che le nostre conoscenze che caratterizzano la comprensione del presente sono determinate da una continua stratificazione di nozioni che si formano grazie al costante dialogo tra l’opera e i suoi interpreti. Tale circostanza trova un’illustrazione nell’importante, e talvolta frainteso, concetto di “fusione degli orizzonti” (Horizontverschmelzung), il processo che porta il fruitore del testo all’interno del circolo ermeneutico, in cui si fondono due orizzonti: quello dell’interprete, formatosi entro la tradizione e la precomprensione del presente, e quella del testo, che porta con sé l’insieme di tutte le interpretazioni e tradizioni che ha vissuto.” (definizione presa da Wikipedia) Per concludere, Gadamer parla di pregiudizio non in un senso negativo ma in un senso costruttivista, dentro un processo in evoluzione che considera il prima e il dopo, l’agente che interpreta e ciò che è il frutto di ciò che è stato a sua volta interpretato.