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Popper

Popper nasce nel  1902 e muore nel  1994. Attraversa   tutto il novecento   assistendo e partecipando ai suoi conflitti  e alle sue complesse problematiche. Passa alla storia  come il maggiore teorico del razionalismo critico  e come colui che teorizzò una necessaria patente che abilitasse all’uso dei media.

Dopo  essere uscito illeso da due guerre  mondiali   ed essere entrato a far parte di una società   democratica e capace di conservare  un relativo stato di pace,  Popper si mette ad osservare  l’utilizzo della grande comunicazione di massa, trovandola spaventosamente violenta,  lei stessa produttrice  e suggeritrice di comportamenti  non equilibrati, eticamente poco edificanti, distruttivi e diseducativi nei confronti sopratutto  delle generazioni più giovani ed ancora in crescita.

Popper vuole portare l’attenzione sulla responsabilità che riveste il giornalista ed il conduttore di programmi televisivi; ogni parola, ogni immagine, ogni  sequenza, ogni contenuto scelto contro quello cestinato,  hanno alla base un piano orientativo  che  porta con sè enormi  reponsabilità che  invece non vengono assunte o delle quali non si è abbastanza consapevoli.

L’obiettivo dominante emergente è  comprendere i fatti del mondo e adattarsi all’ambiente. Il cuore stesso di una civiltà dovrebbe invece essere conservare la pace ed alimentarla in ogni modo, contro il mettere in commercio messaggi di morte, di offesa, di distruzione, di provocazione, di esaltazione della  violenza.

Logiche di mercato e di odiens hanno la meglio sulle logiche educative e formative che dovrebbero sempre rimanere centrali nei professionisti che si occupano di comunicazione di massa. Si parla di Movimento dei pugni al quale andrebbe contrapposto  il Movimento  dei saggi, di chi si ferma a riflettere e valutare.

Se ci sono due tipi di società, quella governata dalla forza e quella governata dal diritto, è ovvio che una società  giusta deve perseguire il diritto e non la forza. Il liberalismo insegna che si è liberi di fare solo quello che non danneggia il nostro prossimo. Dentro il rispetto della legge ed il suo miglioramento  può solo  agire  l’essere democratico.

Il potere della  televisione  (tema centrale in Popper) va   controllato se si vuole evitarne la sua deriva; chi dice il contrario o è un truffatore o è un idiota.  Queste continue spinte popperiane  verso la necessità di controllare  la selezione dei programmi è detatta da una diretta osservazione che il filosofo ha modo di  compiere sugli stessi bambini, essendo lui stato insegnante di scuola primaria come di scuola secondaria.

Un bambino che assiste ad una scena violenta tende a chiudere gli occhi davanti alle scene più forti ed aggressive,  istintivamente, come forma di difesa davanti ad una immagine che non comprende, che rifiuta, che vorrebbe non vedere.  Questo ci deve dire ed insegnare qualcosa che invece si continua ad ignorare. Da qui la proposta di istituire  l’Istituto per la televisione e una   licenza per potere andare in TV. Questa licenza, se violata, può essere revocata, come accade ai medici che vengono inseriti in un Albo al cui Ordine un medico non corretto può venire cancellato e degradato dal suo ruolo. Ma anche come accade ai cattivi insegnanti che se colti a trasmettere insegnamenti negativi possono venire licenziati/sospesi, o come accade a tutte quelle categorie di lavoratori che vengono asservite a un Codice disciplinare e a un Giuramento  deontologico  ed etico.

Del  resto Popper è di fatto un’autorità indiscussa in materia; assiste alla nascita della grande comunicazione e la studia fin dall’inizio nel suo evolversi. Raffrontando la televisione dei primi decenni e quella che è diventata negli anni a divenire,  il filosofo  non può fare a meno di ravvisare un decadimento contenutivo, una minore cura nella scelta qualitativa dei programmi, ed un aumento paurosamente esponenziale dell’indice  di violenza ed aggressività. Sarà lo stesso indice di violenza presente nel mrxismo che  allontanerà Popper dal marxismo (come era accaduto nei confronti della psicanalisi), per avvicinarlo al già citato liberalismo e poi al neopositivismo. La sua opera più significativa sarà La società aperta e i suoi nemici.

Da vero insegnante non disconosce l’importanza dell’imparare dagli errori, però distingue  gli   errori rimediabili dagli errori irrimediabili. Per evitare  i secondi è necessario un sistema di controllo ma anche di autocontrollo, una specie di forma  autocensoria capace di dare l’esempio e di incoraggiare a fare sempre meglio. La democrazia funziona   quando si dà  delle regole e si impegna al rispetto di esse; che siano poche ma chiare  e incontrovertibili.  Si parla di fare due processi paralleli: uno per una società libera ed uno per una società controllabile. Ma come applicare il modello Popper?

Ecco in sintesi i passaggi salienti di questo modello:

  •  occorre contestare il  principio di   verificazione  (circolo di Vienna)
  • ad esso opporre il principio di falsificabilità distinto tra le teorie sceintifiche e le teorie non scientifiche
  • la scienza non è teleologica, cioè non ha un fine  prefissato
  • ma è una struttura che si erge sopra una vasta palude vischiosa
  • si procede dentro una ricerca continua per verosimiglianza
  • dove la scienza non è sinonimo di certezza ma di tentativo continuo verso il  veritiero
  • poichè la verità è sempre in cambiamento anche attraverso l’errore

In ambito culturale Popper contesta lo storicismo e l’olismo; il primo perchè nei fatti storici non vige il determinismo scientifico, il secondo perchè presuppone una società totalitaria  che si basa sul vantaggio della  società chiusa sopra lo  schiacciamento  del singolo.  Alle società chiuse   che si impongono con sistemi totalizzanti, gerachici e violenti  Popper preferisce le società aperte, non certo infallibili, ma meno violente,  non gerarchiche,  riformatrici, disposte al dialogo e  alla mediazione.

Insomma,  ne emerge un quadro  in parte contorto anche se si può respirarne  l’onestà intellettuale di fondo;  è l’idea di questa  presunta licenza abilitante per potere essere ammessi a fare  televisione, che ha lasciato un pò spiazzati i critici e gli addetti al settore.  Chi deciderebbe  chi  fare entrare  in questo ambitissimo circuito mediatico?  E  come impedire la libera espressione  che non può essere e non vuole         essere   sempre educativa ma piuttosto reale, e quindi piuttosto  critica nei contronti del reale?  Se le risposte utili possono venire solo o in primis dalla poliitca,  perchè la politica si sarebbe ridotta ad un circo  che sa dare di sè solo immagini  degradanti  e  imbarazzanti, dove la televisione continua a rimanere quel luogo dove impazza il terrore, l’osceno e l’esaltazione del crimine?

Sono le tante  domande rimaste aperte alle quale Popper cercava di dare un ordine.

la matrice controllo-impatto

 

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