Una scuola alternativa

Oggi voglio raccontarvi  di quando ho insegnato. Divago un poco dal contingente.

L’anno scorso ho avuto la possibilità di tornare nella scuola, dietro la cattedra, dopo molti anni di  retrovia.

Fresca di master, un piccolo stage che mi aveva riossigenato le cellule della docenza, e tanta voglia di ricominciare un filo interrotto.

Ho avuto la fortuna di avere un incarico minore, che mi ha permesso di riprendere il campo a piccoli passi, con tanto tempo per recuperare tutto quello che mi ero persa andando a fare cose secondarie. Un incarico di insegnante alternativa alla religione cattolica.

24 ore  di puro testo libero o quasi.

Vi prego, non mettetevi a sogghignare!!!

Non mi dite che anche voi siete di quelle maestre che trattano le colleghe di completamento come colleghe di serie b!

Io me la sono propria goduta; pochi  alunni, tutti speciali ai miei occhi, poco stress, nessun genitore che viene assillandoti sul proprio bambino che fa quello o quell’altro, o che secondo loro  non viene compreso, nessuna collega rompiballe che  vuole  intrufolarsi nel tuo lavoro solo per avere più spazio per il suo o per avere più spazio per fare altro.

Perchè la realtà quotidiana delle nostre scuole è più o meno questa; qualunquismo molto, professionalità poca, voglia di collaborare rara.

Ecco perchè dentro qui ci veniamo volentieri; perchè qui siamo  tutti gentili, qui si impara sul serio, qui si ama l’insegnamento, qui si rispetta il bambino.

E’ stato per me un anno di prova. Superato pienamente.

Però mi è rimasto nello stomaco il tarlo  della classe, di potere tornare dentro una classe intera.

E se  con l’inizio del nuovo anno mi chiameranno per primo ad insegnare, dirò di sì, mettendo da parte il mio possibile rinnovato ruolo di direttore.

Ma chi me lo farebbe fare, visto che di là si guadagna meglio? (domanda lecita)

Perchè come insegnante io ho più possibilità d’essere creativa.

Il buon senso potrebbe  ribattermi : “ma che stupidaggine!!!”

Forse, ma quando si insegna non si sa quello che ci riserva la giornata, mentre quando si amministra più o meno lo si può immaginare. E questo mortifica. Uccide lo spirito.

E poi   c’è il piacere di stare coi bambini, o coi giovani, dipende dai contesti…che sono sì difficili, che sono sì faticosi, ma sono come un qualcosa che ci sfida, che ci reclama, che ci chiede aiuto.

E a me è sempre piaciuto sentirmi utile.

E poi ancora quando si insegna si forma, si fa formazione, formazione e formazione, che vuol dire che imparare è un diritto, un bisogno, una richiesta presso che legittima e scontata, quasi garantita.

Che poi non è vero neanche questo: siamo insegnanti ma ci dobbiamo formare segretamente, a nostro dispendio, per non gravare sull’orario di classe e per non dovere sentire un dirigente che ci potrebbe dire  di no, a suo libero arbitrio.

Non importa; noi siamo un pò mattarelli e ci piace così  : -))

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